Nella prima parte dedicata a questo argomento, abbiamo parlato del linguaggio del corpo e di quanto questo sia determinante, insieme al tono di voce, a farci capire molti aspetti riguardo la conversazione che stiamo ascoltando. Ci eravamo interrotti a Paul Ekman, lo psicologo di fama mondiale che dimostrò che il linguaggio non verbale scaturito da un soggetto non dipende dal luogo in cui vive, dalle sue origini o da suoi antenati; bensì è identico ed universale in tutto il mondo. (Se te la sei persa, ecco la prima parte del nostro articolo sul linguaggio del corpo)
Ekman fece un lavoro determinante; egli divise i vari gesti e segnali in diverse categorie; queste sono:
Questi utlimi, si possono ritrovare in azioni come stringersi il braccio, toccarsi il viso, maneggiare una penna; si tratta di atti che danno modo, a tutti gli effetti, di capire che nella persona c’è qualcosa che non va e che, il cervello, di fatto, si trova in difficoltà ad affrontare quel determinato discorso e/o situazione. Da non sottovalutare, poi, sono le microespressioni, i rossori, il respiro pronfondo, le narici dilatate o persino lo sbattere le palpebre con maggiore frequenza; fenomeno che gli esperti chiamano “nictare”.
Altri gesti molto interessanti sono quelli riguardanti il viso mentre si porta avanti una discussione; grazie ad atti di questo tipo il corpo conferma o nega quanto stiamo dicendo grazie a gesti quali lo sfregamento della zona lacrimare, che prevede lo spostamento vero e proprio di una lacrima inesistente. Questo simbolo, ad esempio, dimostra che quel tipo di conversazione, per la persona che stiamo ascoltando, suscita un profondo senso di tristezza ed il corpo, istintivamente, porta il dito sulla ghiandola lacrimare, come a voler, automaticamente, asciugare una lacrima.
Un altro molto interessante è quello legato allo scharimento della voce; modo in cui il soggetto somatizza il disagio che sta provando ascoltando il discorso e tende ad eliminarlo attraverso il raschiamento; un altro ancora è quello della posizione del mento in avanti, a voler indicare sfida. Il porgimento di una parte vulnerabile del nostro corpo verso il nostro interlocutore, infatti, denota la bassa considerazione che abbiamo del nostro ipotetico avversario.
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