Tra tutte le “perturbazioni” del sonno che abbiamo analizzato finora, la più diffusa e comune è sicuramente quella del sonnambulismo; esso rientra tra le parasonnie che si verificano durante la fase non-REM del sonno, ossia in quello più profondo. In questo caso, come molti di voi sapranno già, il soggetto sonnambulo può fare una moltitudine di azioni mentre egli è ancora di fatto addormentato. Può alzarsi, vestirsi, camminare, aprire porte, armadi, spostare mobili, persino tentare di guidare senza esserne minimamente consapevole.
Un fattore che potrà aiutarvi a comprendere immediatamente che siete davanti ad un sonnambulo è che egli con grandi possibiltà avrà gli occhi sbarrati ed uno sguardo vuoto sul viso perchè di fatto non vede. Anche nelle frasi che nascono potrete identificare con facilità ciò che sta accadendo, i sonnambuli sono molto confusi ed incoerenti nei loro discorsi. Un altra cosa molto importante da sottolineare è l’assoluto divieto di svegliare qualcuno che sta avendo un episodio di sonnambulismo; il risveglio, infatti, potrebbe provocare confusione, ansia, rabbia e paura. La persona svegliata non sa dove si trova o cosa sta facendo, e visto che l’ultimo ricordo che ha è quello di egli che si mette a letto; capirete che il disorientamento, a quel punto, potrebbe essere tanto.
Cosa fare, dunque, nel momento in cui si incorre in questa situazione? La prima cosa è evitare che il soggetto possa farsi del male afferrando oggetti appuntiti come coltelli, utensili da cucina ed in seguito aiutarlo nel ritorno a letto; in questo caso, quindi, niente strattonamenti o movimenti bruschi in favore, invece, di un leggero accompagnamento verso il percorso per la camera da letto con un tono di voce calmo e pacato.
Cause e terapia
Tra i fattori predisponenti per la comparsa di questa parassonia, troviamo al primo posto le condizioni genetiche: diversi studi, infatti, hanno dimostrato che l’insorgenza è maggiore nei soggetti che hanno i genitori o familiari sonnambuli o che lo sono stati per diverso tempo. Il divario, inoltre, è abbastanza ampio ed il dato arriva al 22% per i bambini che hanno sviluppato il disturbo senza avere delle congenità in famiglia; mentre supera il 45 per coloro che hanno genitori o familiari sonnambuli.
L’età maggiormente colpita, infatti, è quella che va dai 2 ai 13 anni con una particolare incidenza tra i 10 ed i 13. A seguire ci sono i ripetuti risvegli notturni o la carenza di sonno rispetto a quella necessaria. Dopo un tempo di privazione abbastanza ampio della fase non-REM, in effetti, il ritorno ad un lasso di tempo adeguato si collega perfettamente ad un rischio più alto della comparsa di sonnabulismo.
Tra le cause effettive di questo disturbo, invece, troviamo anche problemi di tipo psicologico; traumi e grandi cambiamenti improvvisi, ansia e stress emotivo, febbre e farmaci con effetto sedativo. Nel caso in cui episodi del genere siano eccessivamente lunghi e ricorrenti (la durata media all’incirca è di 10/15 minuti dopo i quali il soggetto torna a letto in autonomia) potrebbe rendersi necessario l’inizio di un percorso psicoterapeutico che abbia come obbiettivo quello cognitivo comportamentale; esso è particolarmente indicato per affrontare disturbi psicopatologici come, ad esempio ansia, attacchi di panico e fobie di vario genere.