Questo esperimento fu il più perverso della storia

L’esperimento psicologico riconosciuto come il più perverso della storia fu quello condotto da John B. Watson e Rosalie Rayner, due coniugi docenti universitari che decisero un giorno, di capire se le paure che abbiamo possano, in qualche modo, essere state determinate da un’agente ambientale come, ad esempio, un forte rumore; ma in che modo? Ci spiegheremo meglio durante la narrazione dell’esperimento.

L’esperimento del piccolo Albert

Siamo nel 1920 e i due studiosi incontrano per la prima volta Albert, un bambino di 8 mesi e 26 giorni che è stato facilmente messo a disposizione dei due per lo svolgimento del test. L’intento, è quello di riuscire a dimostrate che è possibile spaventare un bambino anche con oggetti che, solitamente, non incuterebbero alcuna paura come animali di piccola taglia oppure oggetti di uso comune come un giornale. Per fare ciò, il primo giorno dell’esperimento comprende l’impaurire Albert con un rumore netto, improvviso e di forte impatto. Si tratta di un martello che colpisce una sbarra di ferro. Alla prima volta il bambino è sorpreso, preso alla sprovvista, tuttavia non piange né presenta segni di impaurimento. La seconda volta, l’impatto lo scompone ed il bambino abbatte in avanti piagnucolando, mentre alla terza volta, inizia a piangere terrorizzato. 

La prima parte dell’esperimento si concluse lì e dopo qualche giorno, si decide di mostrare al bambino alcuni target tra cui un topo bianco, un coniglio, un cane, una maschera con i capelli, della bambagia, una scimmia ed una barba di Babbo natale. Vista l‘assenza di una reazione di paura da parte di Albert per nessuno di questi oggetti, i due studiosi si chiesero se fosse possibile far scaturire una paura associando un target neutro al rumore del martello sulla sbarra. Così, per dimostrare la loro teoria, dopo un paio di mesi Albert torna nuovamente in laboratorio ed è lì che non appena gli viene mostrato il topo bianco e lui prova a toccarlo, il martello colpisce la sbarra ed il bambino cade in avanti, senza piangere. Alla seconda volta, egli prova a toccare il ratto con l’altra mano ed in quel momento esatto il rumore del martello sulla sbarra perviene ancora suscitando un piagnucolamento. Per evitare di traumatizzare il bambino, come se per caso non stesse già accadendo, i due soggetti decisero di concedergli una settimana di pausa.

Dopo di ciò, alla prima presentazione del topo senza il suono Albert mostra una sorta di fissazione per l’animale, ma non prova a toccarlo sin da subito. Dopo un po’ il bambino inizia a provare a raggiungere il topo con la mano, sta di fatto che non appena l’animale si avvicina all’altra manina, Albert la ritira immediatamente prima che ci sia un contatto. In questo modo, si è potuto dimostrare che le stimolazioni avvenute durante le prove precedenti hanno di certo avuto effetto. A seguito di ciò, l’associazione tra il topo bianco ed il rumore viene proposta ben 4 volte al fine di terrorizzare il bambino alla sola vista del topo; cosa che accadde alla decima volta in cui il topo entrò nella stanza. In quel momento, infatti, anche in assenza del rumore, il bambino iniziò a piangere disperato e, mettendosi a gattoni, tentò di fuggire dall’aerea dell’esperimento. Ma non è tutto, poichè la stessa sensazione di paura incontrollata, arrivò nel piccolo Albert anche nel momento in cui gli si mostrarono il cane, la scimmia, la bambagia e tutti gli altri oggetti che potessero ricordargli una sensazione al tatto simile a quella che egli ebbe quando toccò il topo.

Le conclusioni

Dopo circa 2 mesi, sebbene ridotta, il bambino presentava ancora un’attivazione negativa alla vista di quegli oggetti; il che portò gli autori dell’esperimento a decretare che, probabilmente, le esperienze provate si sarebbero rivelate stabili modificando la personalità di Albert nel corso della vita. L’obbiettivo, a quel punto, era quello di innescare un processo inverso, al fine di desensibilizzare il bambino fino a quando egli non avrebbe più avuto paura; in questo caso i test consistevano nel continuare a presentare i target senza un rumore, bensì accompagnandoli a delle caramelle ed utilizzarli in maniera differente seguendo attività costruttive.

Sta di fatto che la madre ed il bambino si trasferirono per sempre in un’altra città e per fortuna egli non dovette più sottostare ad esperimenti di quel genere. Tra le altre cose, infatti, questo test fu spesso citato ed ampiamente criticato in quanto non fu mai del tutto chiaro cosa accadeva all’interno delle stanze ed i testi universitari mancavano di molti dati inerenti l’esperimento fino a risultare persino confusi e contorti. Lo stesso Watson, in alcuni suoi lavori, tralascia molte parti dell’esperimento che egli stesso condusse con la moglie, per fortuna, però, queste persone non rividero mai più il piccolo Albert.

 

Erika Lisuzzo
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