Tra tutte le sindromi esistenti, una delle più interessanti è sicuramente quella di Stendhal. Il modo più semplice in cui si può descrivere, è un disturbo psico-somatico che insorge nel momento in cui ci si trova dinanzi un’opera d’arte dalla bellezza invalidante. La sintomatologia che ne scaturisce, può essere sia fisica che psichica e spesso si manifesta nel momento in cui l’opera si trova in spazi, secondo l’osservatore, limitati. In genere non esiste una tipologia di opere d’arte che può scatenare la sindrome; può trattarsi di dipinti, sculture o persino strutture come chiese di notevole bellezza e particolarità.
Un’altra delle cose da evidenziare, è che questo tipo di condizione colpisce prevalentemente gli uomini tra i 24 ed i 40 anni, sia che si tratti di esperti del settore che di semplici visitatori arrivati solo per una visita ed ammirazione. Chi viene colpito da questa sindrome, nella maggior parte dei casi rimane in una sorta di estasi contemplativa di fronte l’opera d’arte che l’ha causata, mentre in situazioni di maggiore rilievo, può causare sintomi più evidenti e debilitanti come attacchi di panico, insufficienza respiratoria, o un forte senso di disagio che, normalmente scompaiono non appena il soggetto viene allontanato dall’opera scatenante.
In casi più gravi, essa può durare ore o addirittura giorni ed in quel caso è necessario un intervento medico di tipo farmacologico che comprenda tranquillanti e antidepressivi. C’è da dire, comunque, che per riscontrare effetti così forti, nella persona ci deve essere già una particolare predisposizione a problemi psichici.
Sintomi e gradi di incidenza
Tra gli effetti più riscontrati ci sono un malessere generalizzato, la tachicardia, la confusione mentale, lo svenimento, ma anche la difficoltà respiratoria come accennavamo prima, oppure persino allucinazioni, incontrollabile euforia o depressione. Senza dubbio si tratta di uno dei casi psichici tra i più particolari in assoluto; pensate che le persone che hanno attraversato questa sindrome perchè sopraffatte da un’opera d’arte, raccontano di sensazioni mai provate ed una percezione di non sentirsi più nel proprio corpo.
Generalmente si distinguono tre tipi di casi clinici: i meno gravi, che se la cavano con un attacco di panico, ansia generalizzata, palpitazioni o svenimenti. In quel caso, la persona prova un vago senso di irrealtà e depersonalizzazione (uscire dal proprio corpo) che spesso si manifesta anche con la voglia imminente di tornare a casa e parlare la propria lingua ( se ci si trova in un paese straniero). Il tutto, però, sebbene possa sembrare timoroso, si risolve velocemente non appena ci si allontana dall’opera.
Il secondo caso clinico, è di tipo più forte e debilitante; il soggetto inizia a sviluppare crisi di pianto, stati depressivi, sensi di colpa innati e angoscia oppure stati di eccessiva euforia, esaltazione ed eccitazione. Questa fase, potrebbe anche durare leggermente più a lungo, poche ore e comporta anche dei disturbi dell’affettività.
Il terzo quadro clinico, è quello che si manifesta in persone già precedentemente predisposte ed hanno già mostrato in passato segni di scompenso piscologico. In questo caso insorgono allucinazioni visive ed uditive, avviene un’alterazione dei suoni, delle forme, dei colori e la persona colpita percepisce l’ambiente intorno a sé come persecutorio. Tra i tre, ovviamente, è il caso clinico più grave e delicato e potrebbe comportare anche la necessità di alcuni farmaci come ansiolitici, antidepressivi e stabilizzatori dell’umore, oppure un vero e proprio percorso di psicoterapia.
Le origini della sindrome
Il nome di questa condizione, proviene dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle -in arte Stendhal– il quale fu il primo a dare testimonianza di quelli che sono i sintomi che provò nel momento in cui si ci trovò egli stesso. Nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”, infatti, egli spiegò in modo ben dettagliato a che cosa andò incontro nel momento in cui si trovò dinanzi la visione della chiesa di Santa Croce. Non a caso, questa particolare condizione è anche nota come “Sindrome di Firenze”, perchè è il luogo in cui furono registrati più casi in assoluto.
La prima diagnosi, infatti, avvenne nel 1977 quando la psichiatra Graziella Magherini si ritrovò ad analizzare un campione di 106 turisti tutti affetti da molti dei problemi sopracitati. Molti di essi accusavano allucinazioni, attacchi di panico, difficoltà respiratorie e fu così che per la prima volta il disturbo venne classificato. Per la precisione, pensate che si trattava proprio di turisti prevalentemente uomini tra i 25 ed i 40 anni, molti di essi erano particolarmente appassionati d’arte e con un buon livello di istruzione in merito.